Non c’era un posto libero neppue a pagarlo peso d’oro ieri sera alla Scala per l’ultima rappresentazione di Serata Nureyev, un galà dedicato al grande ballerino di tutti i tempi di cui ricorreva il 25esimo dalla morte. Una serata che ha riproposto le sue coreografie più emblematiche, portando alla ribalta gli artisti maggiori del momento e che giustamente si è aperta con l’estratto dal III Atto de La bella Addormentata nel bosco, balletto amatissimo da Nureyev.
“La Bella rappresenta l’apogeo del balletto classico – diceva Rudy – e rappresenta per me il compimento perfetto del balletto sinfonico. Esige che il coreografo ritrovi l’armonia con la partitura di Caikovskij” e la sua coreografia non solo corrisponde a quest’armonia ricercata, ma mette anche a dura prova la tecnica dei ballerini. Difficilissime le variazioni solistiche, complicati gli intrecci delle parti corali, l’ensamble di un disegno perfetto che solo compagnie di grandi elevatura riescono ad eseguire impeccabilmente. Ed impeccabile è stata l’esecuzione del Balletto della Scala che ha dato gran prova di sè in questo spettacolo presentato per la prima volta alla Scala nel 1966. Una coreografia che combina elementi della tradizionale versione sovietica con una rilettura accurata delle fonti storiche relative al balletto imperiale russo, aggiungendo nuove dinamiche soprattutto per i ruoli maschili. Ineccepibile come sempre Svetlana Zakharova nel ruolo della principessa Aurora, questa volta accanto al francese Germain Luovet, che però non faceva certo scomparire la nostra Martina Arduino nel Passo a Cinque con MariaFrancesca Garritano, Chiara Fiandra e Vanessa Vestita.
Entusiasmanti Marianela Nunez e Vadim Muntagirov nel Grand Pas de Deux del III Atto del Don Chisciotte, un’altra frizzante coreografia di Nureyev che mantiene il legame con il prototipo di Marius Petipa, aggiungendo vigore al ruolo maschile che si era cucito su misura sul suo puntiglio tecnico e l’accantivante malia di grande dominatore di scena qual’era. Gli equilibre, assieme ai suoi fouetté doppi e soprattutto ai suoi meravigliosi sorrisi ci hanno reso la Nunez senz’altro più simpatica dell’algida Zakharova.
Ma la grande attesa era per l’Apollo, quello che il grande Rudolf interpretò alla Scala il 10 dicembre 1971. La serata scaligera ha affidato il ruolo del protagonista al “divino per eccellenza” Roberto Bolle, mentre Nicoletta Manni, Martina Arduino e Virna Toppi erano rispettivamente Tersicore, Polimnia e Calliope. E se su Roberto Bolle non ci sono troppe parole da spendere se non quelle scontate di sempre, un plauso va alle tre Muse, queste giovani stelle che giustamente si meritano il titolo di prime ballerine del più importante teatro del mondo. Ognuna di loro con la propria personalità ha dato smalto al proprio ruolo con grazia e bellezza, offrendoci un’esecuzione perfetta e raffinata che le accomunava nelle capacità tecniche, ma non nell’ individualità espressiva. Tre Muse veramente, tre fiori radiosi e colorati di cui la compagnia scaligera non può che andare fiera davvero.
La serata si è chiusa con un defilè perfettamente organizzato dal Direttore del Ballo Frederic Olivieri sulla marcia del lII Atto del Tannhauser di Wagner, in cui si sono visti scorrere tutti gli elementi della Compagnia e le etoiles presenti alla serata, con loro anche i giovani allievi ed allieve dell’Accademia.
Francesca Camponero