Codacons: il tutto nasce dal ricorso presentato presso il Tribunale di Genova da due dipendenti assunti a termine dalla Asl di Genova
GENOVA. 25 MAR. Con una importantissima sentenza del 15 marzo scorso le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno messo un punto sulla questione della legittimità o meno del ricorso al precariato nel pubblico impiego, con particolare riguardo al comparto sanità, stabilendo che le Asl, Aziende Sanitarie Locali non possono più ricorrere al continuo rinnovo dei contratti a tempo determinato senza assumere personale tramite concorso e che, se lo fanno, devono risarcire il danno cagionato ai propri dipendenti, per averli costretti ad una condizione di precarietà. Ne dà notizia il Codacons, che ha avviato da tempo una battaglia giudiziaria in favore dei precari italiani.
“La vicenda – spiega il Codacons – nasce dal ricorso presentato presso il Tribunale di Genova da due dipendenti assunti a termine dalla Asl di Genova, i cui contratti a tempo determinato venivano di volta in volta rinnovati addirittura a partire dal 1999. Il ricorso è stato presentato per ottenere la stabilizzazione, le differenze retributive dovute in relazione all’anzianità di servizio maturata e il risarcimento del danno per gli anni di precariato cui i ricorrenti erano stati costretti. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Genova hanno dato ragione ai due lavoratori e, il 15 marzo scorso, anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Pres. Renato Rordorf, Rel. Giovanni Amoroso), hanno duramente condannato il comportamento della Asl, scrivendo nella sentenza:
‘Il lavoratore, che abbia reso una prestazione lavorativa a termine in una situazione di ipotizzata illegittimità della clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro o, più in generale, di abuso del ricorso a tale fattispecie contrattuale, subisce gli effetti pregiudizievoli che, come danno patrimoniale, possono variamente configurarsi. Si può soprattutto ipotizzare una perdita di chance nel senso che, se la pubblica amministrazione avesse operato legittimamente emanando un bando di concorso per il posto, il lavoratore, che si duole dell’illegittimo ricorso al contratto a termine, avrebbe potuto parteciparvi e risultarne vincitore. Le energie lavorative del dipendente sarebbero state liberate verso altri impieghi possibili ed in ipotesi verso un impiego alternativo a tempo indeterminato. Il lavoratore che subisce l’illegittima apposizione del termine o, più in particolare, l’abuso della successione di contratti a termine rimane confinato in una situazione di precarizzazione e perde la chance di conseguire, con percorso alternativo, l’assunzione mediante concorso nel pubblico impiego o la costituzione di un ordinario rapporto di lavoro privatistico a tempo indeterminato.
L’evenienza ordinaria è la perdita di chance risarcibile come danno patrimoniale nella misura in cui l’illegittimo (soprattutto se prolungato) impiego a termine abbia fatto perdere al lavoratore altre occasioni di lavoro stabile.
Ma non può escludersi che una prolungata precarizzazione per anni possa aver inflitto al lavoratore un pregiudizio che va anche al di là della mera perdita di chance di un’occupazione migliore’.
Con particolare riguardo, poi, alla prova in giudizio del danno, il principio affermato dalla Corte è stato, se possibile, ancora più rivoluzionario. Le Sezioni Unite hanno infatti chiarito che il danno per il dipendente pubblico è altro rispetto a quello subito dal lavoratore privato, posto che, nel caso del pubblico dipendente: ‘occorre (…) una disciplina concretamente dissuasiva che abbia, per il dipendente, la valenza di una disciplina agevolativa e di favore, (….) La misura dissuasiva ed il rafforzamento della tutela del lavoratore pubblico, quale richiesta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, è proprio in questa agevolazione della prova da ritenersi in via di interpretazione sistematica orientata dalla necessità di conformità alla clausola 5 del più volte cit. accordo quadro: il lavoratore è esonerato dalla prova del danno nella misura in cui questo è presunto e determinato tra un minimo ed un massimo’.
Ecco dunque, il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite: va conseguentemente cassata l’impugnata pronuncia con rinvio alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione che si adeguerà al seguente principio di diritto: nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto al risarcimento del danno con esonero dall’onere probatorio nella misura e nei limiti di cui alla l. 4 novembre 2010, n. 183”.
“Ora – spiega il presidente Carlo Rienzi Codacons – tutti i lavoratori precari delle Asl e della sanità, in generale, possono avanzare analoga richiesta risarcitoria, e ottenere fino a 50mila euro di indennizzo ciascuno e la stabilizzazione della propria posizione lavorativa”.
Il Codacons ha lanciato oggi sul sito www.codacons.it un’ azione collettiva in favore dei lavoratori di Asl e ospedali pubblici che abbiano subito il continuo rinnovo dei contratti a termine in violazione delle norme vigenti. Per aderire è sufficiente seguire le indicazioni riportate sul sito dell’associazione. (nella foto: una sede dell’ Asl di Genova).
Leggi l’articolo originale: La Cassazione boccia Asl di Genova e riconosce i precari