Una famiglia scatenata di musicisti, dallo stile inconfondibile, garantisce divertimento allo stato puro
Ormai, quello dei fratelli Janoska è un brand con garanzia di qualità e rappresenta uno “stile” ben preciso, che parte dai classici e, attraverso jazz, musica latina, tradizione slovacca e pop, può finire ovunque, a sorpresa.
In moltissimi, ieri pomeriggio, hanno pensato che assistere al Concerto di Capodanno con loro, al Teatro Carlo Felice, potesse essere un modo di iniziare allegramente il 2020.
Si è trattato di due ore di spettacolo, compreso l’intervallo, spumeggianti, per restare in tema di festeggiamenti. Sì, perché i tre fratelli Jánoška – František (compositore e pianista), Ondrej e Roman (violinisti), con il cognato (dato che ha sposato una loro sorella) Julius Darvas (contrabbassista) –, propongono una musica scatenata, ricca di energia, capace di infondere positività.
Originari di Bratislava, come spiega in inglese Julius, che è cresciuto a Costanza e che, dopo gli auguri al pubblico, introduce i componenti del gruppo, hanno studiato a Vienna. Così il concerto, che si intitola Janoska Style goes Symphonic, esordisce proprio con un brano rivisitato di Johann Strauss II, Fledermaus Ouverture à la Jánoška.
I fratelli portano tutti le stesse scarpe brillantinate, sono vestiti di nero e suonano senza partitura, intendendosi alla perfezione, visto che danno pure le spalle al direttore d’orchestra, Jakob Brenner.
È molto interessante, poi, la Janoska Symphony No. 1, la prima grande opera orchestrale composta da František (Bratislava, 1986) e intitolata Impressions along the Danube, Bratislava / Vienna / Budapest. Si tratta di un viaggio musicale in tre movimenti, che restituisce la storia di famiglia e trae ispirazione da diversi paesi e regioni che si affacciano sul Danubio.
La seconda parte del concerto si apre con un altro pezzo classico di Johann Strauss II, Sul bel Danubio blu op. 314, eseguito dalla sola Orchestra del Teatro Carlo Felice. Quando riappare sul palco, il Janoska Ensemble presenta un brano travolgente, che suona senza accompagnamento.
Ancora composto da František, dal titolo sintomatico di Cole over Beethoven, vuole celebrare il grande artista del jazz classico, Cole Porter, insieme all’immenso compositore tedesco, di cui quest’anno ricorre il 250° anniversario della nascita.
Per l’esecuzione del pezzo di Astor Piazzolla, Oblivion, entra in scena un quarto fratello Jánoška, Arpád, come se fosse stato estratto dal cappello magico, e canta con voce calda e vibrante un tango struggente, che parla di un amore che si allontana nel ricordo.
L’ultimo brano in programma, Paganinoska, è un omaggio a Niccolò Paganini, di cui riprende il Capriccio n. 24. Sono otto minuti trascinanti, in cui lo stile degli Jánoška si scatena, ora tamburellando con l’archetto sul violino, ora usando lo strumento stesso pizzicandolo come fosse una chitarra, ora con un breve assolo del contrabbasso.
Lo spettacolo, lungamente applaudito, tuttavia non finisce qui, perché molto generosamente seguono altri 20 minuti di bis. La Csárdás o Ciarda del 1904 di Vittorio Monti, basata sulla danza popolare ungherese omonima, attacca con piano e violino, poi subentrano il secondo violino e il contrabbasso, fino a che tutto il pubblico viene coinvolto a seguire il ritmo con il battito delle mani.
Dopo un altro brano exciting, viene annunciata un’ultima “surprise for you”: la reinterpretazione di Ma se ghe pensu. È quello che si dice un gran finale, ma non soltanto per questo gli artisti sul palcoscenico si meritano una lunga ovazione in piedi da parte di tutta la platea.
Linda Kaiser