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Il lato ultradebole dell’estetica – Il Nano Morgante

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Il lato ultradebole dell’estetica - Il Nano Morgante

Il lato ultradebole dell’estetica – Il Nano Morgante

GENOVA. 28 MAG. Basta un nonnulla per mutar scenario. Da un giorno all’altro, sciolto l’incantesimo, dissolta la nebbia, ogni cosa può prendere una piega inaspettata.

Quando ciò accade, seppur prevedibile, restiamo sorpresi. Ed amaramente sospesi.

Sospesi nel pensiero che, a conti fatti, molto poco dipenda da noi. Ciò che prima pareva un dato acclarato, una condizione certa e personale di felicità, si dissolve, scompare. Condizione troppo personale, soggettiva. Disincanto.

Ciò che pensavamo andasse in un modo, è andato esattamente come doveva andare: all’opposto. Ovviamente, potevamo capirlo da subito, come canta Carmen Consoli in “Sintonia imperfetta“.

E’ pur vero che talune azioni ordinarie non possono che riproporre ordinarie re-azioni.

Per esempio, non ci si può stupire di un scarso risultato quando il nostro metodo di “selezione individuale” transita e predilige ostinatamente la “confezione” del prodotto; si limita al dato meramente estetico dell’apparire, all’identificazione e compensazione in un modello.  Qualsivoglia risultato tenderà, meritatamente, all’inemendabile, all’irreparabile. Al deludente, per bene che vada.

Nondimeno, la ricorsività del fenomeno ne individua il lato esposto, ne rivela il punto debole.

Fenomeno che richiama (pur non ricadendovi) quel criterio linguistico di casuale assortimento per cui, connettendo tra loro 2 vocaboli anomali non direttamente e logicamente confrontabili, si produce un “binomio fantastico” (cit. Gianni Rodari) da cui far nascere una non comune e  sorprendente storia. Laddove, non nel concetto di “comune” si celano di norma inganno e manchevolezza; bensì nell’autolesivo ridimensionarsi ed appiattirsi su canoni e criteri compensativi: cardine su cui poggia quella quota di “valore” elargita ad altri e sottratta a sé stessi, in nome di un insaziato ed irrisolto “bisogno integrativo dell’io”.

In tale circostanza, può essere d’esempio un’ardita osservazione estrapolata da Wittgenstein, con cui concludo provocatoriamente questa  riflessione: “Dimmi come cerchi e ti dirò cosa cerchi”.

Massimiliano Barbin Bertorelli

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