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I creditori di Strindberg al Teatro Duse di Genova

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I creditori di Strindberg al Teatro Duse di Genova
I creditori (foto Linda Kaiser)

Un’opera corrosiva quanto mai attuale

Stasera, alle ore 19.30, al Teatro Eleonora Duse, va in scena l’ultima replica de I creditori, lo spettacolo prodotto dal Teatro Nazionale di Genova e dal Teatro Metastasio di Prato, diretto da Veronica Cruciani e interpretato da Viola Graziosi, Rosario Lisma e Graziano Piazza. La prima assoluta si è tenuta il 19 marzo e in ogni rappresentazione il pubblico ha coperto di applausi il terzetto di attori.

Scritta dallo svedese August Strindberg (Stoccolma, 1849-1912) nel 1888 e da lui definita una “tragicommedia”, quest’opera è piuttosto un dramma della crudeltà, in cui viene indagato un torbido triangolo amoroso. La sua attualità prescinde dalla misoginia dell’autore, perché non si tratta soltanto di due uomini che si contendono – e poi vorrebbero distruggere – la stessa donna, ma anche delle loro relazioni malate, del senso di possesso maschile nei confronti della libertà femminile.

I creditori (Foto Federico Pitto)

L’astratta località balneare in cui si svolge l’azione, nelle scenografie ideate da Anna Varaldo, assume qui le tinte di uno spazio sognato, con un grande specchio che restituisce i fantasmi della mente e una sabbia fine che sembra suggerire la labilità e lo sgretolarsi dei rapporti umani. La drammaturgia sonora di John Cascone esalta questi aspetti, come le improvvise lame di luce radente di Gianni Staropoli.

Adolf è un giovane artista di successo, che viene circuito dal più maturo Gustav, un vecchio professore in rovina, al quale confida il grande amore che prova per la sua compagna, Tekla, tanto da esserne minato nella salute. Gustav scava in questa relazione, apparentemente per amicizia, ma in realtà per distruggerla, insinuando dubbi di infedeltà da parte della donna, che si scoprirà essere stata sua moglie.

Il gioco manipolatorio ha per fine la vendetta di un tradimento passato e lo strumento di ritorsione è proprio la donna. Gustav, cui Graziano Piazza presta volto credibile, nel suo elegante costume ottocentesco, e voce cangiante, insinuante, sibilante – profonda, a volte, come se provenisse da un oltre-tomba / oltre-coscienza –, fa a pezzi il già fragile pittore e neoscultore: “Scusami, ma sai l’amore femminile sta tutto nel prendere, nel ricevere e, se da un uomo non prende niente, non lo ama. Non ti ha mai amato”.

Al personaggio di Adolf Rosario Lisma, con vesti non storicamente connotate, restituisce quei fremiti e segni di instabilità, sia psicologica che fisica – a tratti è costretto a ricorrere alle stampelle –, capaci di trasmettere anche al pubblico una certa angoscia, nel suo avviarsi, si può supporre, a una tragica fine.

A Tekla, il cui abito (come gli altri firmati da Erika Carretta) la proietta nel Novecento, Viola Graziosi offre la credibilità di una donna progressista, emancipata, che lascia il matrimonio con un uomo più anziano e sceglie un amante più giovane. Lei sembra non avere passato e ferite nascoste, ma vivere il presente – il suo successo di scrittrice – e non accetta vincoli alla sua indipendenza: “Si ruba una donna! Come si ruberebbe un portafoglio o una gallina. Mi consideri una sua proprietà? Grazie tante!”.

I creditori (Foto Federico Pitto)

La resa dei conti, in questo gioco di ruoli di genere, è perfida, violenta, caustica, distruttiva, fino a rasentare il femminicidio. I due personaggi maschili si arrogano il diritto di veri e propri “dei ex machina” nei confronti della donna, dalla quale esigono quello che le hanno dato (da cui il titolo dell’opera): il primo la maturità come persona, il secondo il successo come professionista.

“Nel mio lavoro ho voluto fare emergere soprattutto una critica alla disuguaglianza di genere e all’ipocrisia, alla mascolinità tossica”, dichiara la regista Veronica Cruciani. Viola Graziosi ammira il suo personaggio, che definisce “una donna fantastica, che cerca la sua libertà di essere e di amare che esce da tutti i canoni dell’epoca”, mentre Graziano Piazza sottolinea la caratterizzazione del suo personaggio “nell’occasione di sistemare i conti con il passato e risanare tante aspettative deluse, i sentieri tortuosi della propria affettività”. In fondo, aggiunge, “il credito è la nostra illusione di onnipotenza, è proprio dell’uomo e delle donne, è la merce di scambio di un surrogato d’amore, una sorta di moneta vivente”.

L’interpretazione attoriale e il ritmo incalzante fanno volare lo spettacolo come un thriller, in cui, lungo la parabola classica di amore coniugale, tradimento e vendetta, ci si aspetta da un momento all’altro un delitto. Alla fine, prendiamo atto – come Gustav – che, “nella vita, ci sono dissonanze che non si possono risolvere”. Anche il teatro ci spinge a rifletterci, ma in maniera catartica, lasciando la violenza sul palco. Linda Kaiser

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