MILANO 17 FEB. Una ricerca, coordinata dal Dipartimento di Emergenza e Urgenza dell’Ospedale San Gerardo di Monza e dall’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, condotta dal 118 lombardo (Azienda Regionale Emergenza e Urgenza, AREU) su oltre 1.500 pazienti con arresto cardiaco soccorsi negli anni 2008-2010, grazie ad un finanziamento per la Ricerca Indipendente della Regione Lombardia, ha consentito di definire le condizioni ottimali di utilizzo del defibrillatore in caso di arresto cardiaco.
Lo studio è stato pubblicato sul prestigioso giornale americano di cardiologia, Circulation. “L’algoritmo che consente l’analisi spettrale dell’onda di fibrillazione ventricolare – spiega Giuseppe Ristagno dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, che ha disegnato lo studio ed ha eseguito le analisi di tutti i tracciati elettrocardiografici registrati dalle unità mobili di Pronto Soccorso – genera, infatti, un valore (AMSA) che rappresenta uno dei predittori più accurati del successo o meno della defibrillazione”.
Valori di AMSA alti sono collegati ad alte probabilità di successo, mentre valori bassi predicono l’inefficacia della defibrillazione. L’erogazione delle defibrillazioni dovrebbe, dunque, essere limitata ai momenti in cui, in base al valore di AMSA, ha più probabilità di avere successo.
L’arresto cardiaco rappresenta oggi un importante problema sanitario: in Europa le vittime sono 400.000 ogni anno, in Italia oltre 60.000, di cui 9.000 soltanto in Regione Lombardia.
L’utilizzo precoce di un defibrillatore costituisce, insieme alle compressioni toraciche, l’unico intervento in grado di ripristinare la circolazione spontanea nelle vittime di arresto cardiaco causato da fibrillazione ventricolare, migliorandone la sopravvivenza.
Tuttavia, stabilire la priorità di questi interventi sul campo rimaneva difficile; non esisteva infatti, fino ad ora, un criterio che consentisse al soccorritore di stabilire se fosse più efficace per il singolo paziente intervenire prima con le compressioni toraciche, oppure con la defibrillazione elettrica.
L’analisi in tempo reale e in base al parametro AMSA costituisce uno strumento utile e non invasivo per impostare una strategia di rianimazione di successo. La rilevanza clinica di questo studio è notevole. L’analisi del valore AMSA è infatti in grado di guidare in tempo reale le manovre di rianimazione evitando l’interruzione delle compressioni toraciche e l’erogazione di defibrillazioni potenzialmente dannose.
“Questa ricerca – conclude Antonio Pesenti dell’Ospedale San Gerardo – ha permesso di validare questo nuovo approccio terapeutico su grandi numeri. I risultati di questo studio permetteranno di iniziare una sperimentazione con defibrillatori in cui l’algoritmo per il calcolo dell’AMSA sarà inserito negli apparecchi, così da guidare l’intervento dei soccorritori”.